Cassazione: se il paziente è già perfettamente consapevole delle conseguenze delle proprie scelte, mai potrà pretendere alcun risarcimento dal medico che non lo informi
Se il paziente conosce i rischi a cui va incontro non potrà esserci risarcimento da parte del medico per aver omesso il consenso informato. Sicuramente non informare il paziente è una condotta colposa che può produrre un danno giuridicamente rilevante, in quanto impedisce al paziente di autodeterminarsi in modo libero e consapevole. Ma se il paziente sia già, per qualsivoglia causa, perfettamente consapevole delle conseguenze delle proprie scelte, mai potrà pretendere alcun risarcimento dal medico che non lo informi: non perchè la condotta di quest'ultimo sia scriminata, ma perchè qualsiasi conseguenza svantaggiosa dovrebbe ricondursi causalmente alle scelte consapevoli del paziente, piuttosto che al deficit informativo del medico. È quanto ha stabilito la Cassazione nella sentenza (Cassazione civile, sez. III, sentenza 27/03/2018 n° 7516, clicca qui per scaricare il documento completo) in commento pubblicata dal sito Altalex.
Nella fattispecie, una donna si era sottoposta ad un intervento chirurgico di sterilizzazione mediante chiusura delle tube, ma nonostante l’intervento, aveva concepito un figlio. La gravidanza aveva esposto a rischio la sua salute e quella del nascituro.
La donna aveva, pertanto, citato in giudizio la struttura ospedaliera e il ginecologo, lamentando che in occasione dell'intervento di sterilizzazione non aveva ricevuto una completa ed adeguata informazione sulle sue possibilità di insuccesso e chiedendone, pertanto, la condanna al risarcimento dei danni patiti anche in conseguenza della carente informazione ricevuta sulla natura, sui rischi e sulle alternative all'intervento di sterilizzazione cui era stata sottoposta.
I giudici di primo e secondo grado avevano rigettato la domanda.
La donna aveva proposto quindi ricorso in Cassazione, sostenendo che la domanda di risarcimento del danno da violazione del diritto all'informazione era stata rigettata sul presupposto – errato - che la paziente, in quanto infermiera ostetrica (addetta per di più proprio all'ospedale ed al reparto dove venne operata), conoscesse perfettamente tali rischi.
Così decidendo, secondo la ricorrente, la Corte d'appello avrebbe violato le dodici differenti norme costituzionali, sovranazionali, nazionali e deontologiche vigenti in materia, in quanto il consenso del paziente all'atto medico non può esser presunto per facta concludentia, nè l'obbligo del medico di informare il paziente può venir meno in ragione delle qualità personali del paziente.
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